Dal Mattino edizione Avellino del 29 novembre 2015
«Chiudiamo con il passato e apriamo una discussione con la città. Abbiamo preclusioni? Certo, verso chi è corresponsabile di questo sfascio, verso chi vive di ambizione personale, verso chi con disinvoltura è passato dall’opposizione alla maggioranza», è stato questo l’appello formulato dal consigliere regionale Maurizio Petracca in avvio del confronto “Avellino punto e a capo” promosso dall’Udc e che si è svolto ieri mattina presso l’ex Asilo Patria e Lavoro. E l’appello di Petracca sembra esser stato raccolto. Nelle prime file, infatti, erano seduti i presidenti degli ordini degli avvocati, dei commercialisti, degli ingegneri e degli architetti, per stare alla società civile, ma non sono mancate presenze politiche di altra provenienza: dall’onorevole Giancarlo Giordano all’ex sindaco Giuseppe Galasso, dall’ex vice sindaco Stefano La Verde ai consiglieri comunali Nicola Battista e Antonio Genovese.
Bocciatura su tutta la linea per l’amministrazione Foti. «Lo spettacolo a cui assistiamo ogni giorno è sconcertante», ha sottolineato il numero uno degli avvocati avellinesi, Fabio Benigni. A fargli eco Francesco Tedesco, presidente dei dottori commercialisti: «Non trovo alcuna logica rispetto ad alcune scelte operate da quest’amministrazione».
Per Alberto Bilotta, capogruppo dell’Udc in consiglio comunale, il vero deficit che oggi si registra ad Avellino è politico: «Oggi in città – ha dichiarato – non c’è una classe dirigente. Assistiamo ad un continuo scontro tra fazioni e al ridefinirsi di gerarchie di potere».
L’Udc cerca l’antidoto alla rassegnazione. Lo dice senza mezzi termini Nicola Giordano: «Rappresentiamo una città che non si rassegna nonostante ci troviamo di fronte ad un pressappochismo elevato a metodo. Mi sconcerta l’attività di demolizione sistematica di un’idea di città operata da Foti che però non ha una visione sua da contrapporre». A fargli da controcanto è Giancarlo Giordano: «Per demolire ci vuole un’idea. Per sabotare basta la furbizia».. Foti nel mirino di Giordano, ma non solo: «L’unica responsabilità di Foti è quella di essere un sindaco inadeguato. Le responsabilità vere stanno nel Pd. Oggi la maggioranza è ostaggio del dibattito schizofrenico di bande armate di famelicità».
Il dovere di amare la propria città come motore di un’iniziativa politica destinata a radicarsi, è questo il senso dell’intervento di Giuseppe De Mita. «Contemporaneamente, oggi, c’è un consiglio comunale che grazie a qualche transfuga fa passare il bilancio e qui c’è una quantità di persone di provenienze diverse che convergono su di un punto: abbiamo il dovere di amare la nostra città. Non possiamo rassegnarci all’indifferenza». Per il deputato le opposizioni rappresentano un pezzo del problema: «Anche noi, politicamente, abbiamo alimentato il priapismo di un eunuco. Ma non ci possiamo fermare alla critica. Dobbiamo, al contrario, riscattare la città attraverso l’introduzione di una nuova etica pubblica».
La speranza non è morta per Ciriaco De Mita che tira le conclusioni dell’assemblea: «Quello di oggi – dice – è un buon inizio. Bisogna insistere, non fermarsi». Non manca una stoccata al Pd: «C’è – dice – il partito più grosso che invade la città. L’ho sempre detto che è un partito che non c’è, ma più aumentavano i rappresentanti e più credevano che mi sbagliassi. Ho provato a spiegare loro che la politica è pensiero». Poi la ricetta: «Non partirei dal giudizio negativo sull’amministrazione– continua – Non è che sono per conservare, ma lo smantellamento ci trascinerebbe dentro una dialettica molto sgradevole. Io inizierei ad individuare i problemi e su quelli verificare le convergenze. E’ il passaggio più difficile». Ma anche quello che porta fuori dalla crisi: «Abbiamo una sola possibilità di rinnovare il senso vero della rappresentanza, intercettando le categorie e sugli interessi costruire la risposta che interessa tutti». Un riferimento al vetriolo per Gianluca Festa: «Il vero scandalo è che lui sia il punto di raccordo degli equilibri politici di questa città» e una valutazione poco benevola anche verso le scelte dell’Udc: «Nell’ultima campagna elettorale abbiamo sbagliato candidato. Ritenendo di essere il nuovo ha svolto la sua attività, ma per lui la novità coincide con la convenienza». Poi la conclusione: «Avellino è stato il luogo del pensiero della politica, ma non solo quello riferibile alla nostra area, c’era la pluralità del pensiero. Oggi potremmo dare un segnale che la conservazione della democrazia rappresentativa, di cui temo la fine, sia possibile».